LA REDAZIONE DI UN BUSINESS PLAN

 

TOPIC 9 - Strategie per l'elaborazione di un piano economico-finanziario.

 

L’analisi finanziaria è senza dubbio la parte fondamentale del business plan.

 

Qual è l’incipit del tuo business plan?

 

Hai forse impostato tutto il tuo business solo studiando il mercato o la concorrenza?

Ti sei affidato al budget di vendita che il responsabile vendite ti ha fornito?

 

Il punto principale è capire se davvero l’azienda è realmente in grado di “creare valore”.

 

Un’impresa capace di creare valore, inteso come creazione di competenze distintive, può davvero sopravvivere nel medio lungo periodo. Un’azienda che crea valore, la somma dei costi è inferiore al risultato che da essi se ne ricava.

 

Affronteremo questa tematica complessa, semplicemente descrivendo una delle metodologie, volta a comprendere il fabbisogno economico dell’azienda per portare avanti il business e creare profitto.

 

Il quesito che ci si pone in questa è il seguente:

“Quali dati mi occorrono per redigere un’analisi finanziaria ed in che ordine utilizzarli?

 

La risposta a questa domanda potrebbe essere quella di partire dall’analisi dei ricavi (prevedibili), per poi arrivare ai costi necessari per la realizzazione e la vendita degli stessi.
Ovviamente, tale approccio risulta fuorviante, nel caso in cui ci stiamo approcciando a nuovi mercati (export) o ad una start up, nella quale davvero diventa il budget ricavi un numero che potrebbe essere facilmente disatteso.

 

A tale scopo, si ritiene utile un approccio del tipo bottom up, che partendo dai costi fissi (noti) e costi variabili (legati alla produzione) possa condurre ad una prospettiva di ricavi. In sintesi, quello che tecnicamente prende il nome di break even point. Obiettivo di tale approccio è quello di censire i costi fissi e variabili dell’impresa per ottenere un valore della produzione di break even, quale valore della produzione che l’impresa deve necessariamente ottenere per coprire in autonomia i propri costi fissi di struttura.

 

Con il termine ‘’costi fissi’’ si indica l’insieme dei costi, il cui ammontare è indipendente dal fatturato; mentre, ‘’costo variabile’’ è l’ammontare dei costi legati al volume d’affari:

 

grafico 1 C rappresenta i costi e q la quantità di produzione

 

A titolo esemplificativo non esaustivo, si riportano i principali costi fissi aziendali relativi ad un progetto export:

  • Costo del lavoro;
  • Assicurazioni;
  • Manutenzioni;
  • Affitto immobile;
  • Utenze;
  • Consulenze fiscali e del lavoro;
  • Consulenza Export Manager;
  • Ammortamenti;
  • Interessi passivi;
  • Canoni di leasing;
  • Quote di associazione ad enti e camere di commercio italiane all’estero;
  • Marketing e comunicazione.

 

Tra i costi variabili, invece:

 

  • costi di acquisto della merce;
  • servizi;
  • trasporti;
  • fiere ed eventi B2B;
  • provvigioni alla vendita.

 

Il Bep, Break even point , è il punto di pareggio e rappresenta l’incontro tra costi e ricavi di un’azienda, al di sopra di tale punto l’azienda comincia a trarre profitto dalle vendite.

 

grafico 2

 

La comprensione di questo grafico consente quindi di determinare i volumi di vendita da realizzare prima di poter conseguire un profitto.

 

E qual è il prezzo di vendita unitario per i beni da porre in commercio?

 

A questo quesito è di aiuto il concetto di margine di contribuzione percentuale.
Esso esprime, per ogni euro venduto ed indipendentemente dal volume d’affari, quanto residua all’azienda sottratti i soli costi variabili.

Questa è la strada necessaria per comprendere come un prodotto specifico contribuisce al profitto aziendale.

 

Fondamentale, quindi, aver ben chiari quali sono i costi variabili, i costi fissi, i costi totali e che relazione essi hanno con i ricavi totali, che dipendono esclusivamente dalla quantità venduta e dal prezzo di vendita attribuito al bene.

Ad esempio, ipotizzando di pianificare l’attività di un produttore di miele. Questa impresa a regime produrrà vasetti di vetro contenenti il miele. Seguono i costi variabili che l’impresa sostiene per ciascuna unità di prodotto venduta e il prezzo unitario di vendita.

 

COSTI VARIABILI UNITARI


MIELE: 0,3 €

VASETTO VETRO: 0,8 €

TAPPO: 0,2 €

ETICHETTA: 0,1 €

UTENZE VARIABILI 0,1 €

TOTALE: 1,5 €

 

PREZZO DI VENDITA UNITARIO
PREZZO U: 3,0 €

In base a questi dati è possibile procedere con il calcolo del margine di contribuzione percentuale (MCD%):

 

MCD% = (prezzo unitario-costo variabile unitario) / (prezzo unitario)

 

MCD% = (3 €-1,5 €) / (3 €) = 50%

 

Significa che, per ogni euro venduto dall’impresa, da un lato i costi variabili incidono per il 50% (quindi 50 centesimi) e dall’altro residuano 50 centesimi per la copertura dei fissi.

 

Ovviamente, un’impresa che voglia aumentare il margine di contribuzione di un prodotto, dovrà intervenire sui seguenti fattori: 

 

  • Aumentare il prezzo unitario di vendita (p);
  • Ridurre il costo variabile unitario (cvu);
  • Ridurre i costi fissi totali (CF);
  • Aumentare il volume di produzione (X).

 

 

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